È stato un altro anno di grandi cambiamenti per noi, questo 2018.
A marzo ci siamo trasferiti nella nostra nuova casa e, poco dopo, abbiamo lasciato lo studio dove molti di voi ci hanno conosciuti. L’idea era di trovarne un altro, una volta finito di smaltire scatoloni in casa. Ma eccoci a dicembre e qualche scatolone ancora c’è. Quello che forse non c’è più, però, è l’idea di avere un luogo formale in cui ricevere i nostri sposi.
Certo, le mille cose da fare, lo stress, la pigrizia, la bambina, le cavallette…
No, non è così, giurin giurello!
È successo che, in questi mesi, abbiamo incontrato gli sposi nel soggiorno di casa nostra. Abbiamo consegnato album, mostrato servizi, conosciuto coppie che ci faranno compagnia nei prossimi due anni, davanti alle nostre finestre che guardano il mare e seduti sulle nostre coloratissime sedie.
E ci è piaciuto.
(Anche perché questa usanza determina direttamente l’obbligo morale di mantenere un po’ di ordine e disciplina in casa!).
E un giorno ci siamo guardati e ci siamo detti: “Ma sai che forse non bisogna per forza avere uno studio per far capire che siamo – gesto delle virgolette – professionali?” (lo abbiamo detto in coro, nello stesso momento! Sì! Ok, no, non è vero, ma è come se l’avessimo fatto).
“Ma allora i dentisti? I parrucchieri?”
“Va beh, ma che c’entra?”
“No niente, era per dire…”
“Dài, proviamo a vedere se questa cosa regge!”
Anche perché noi, nel ricevervi a casa, abbiamo avuto sensazioni più genuine, più coinvolgenti di quando vi incontravamo in studio.
Vi abbiamo invitati e accolti nella nostra casa e quindi nella nostra famiglia (ogni tanto razzola per casa anche nostra figlia), perché il giorno del vostro matrimonio noi entreremo (o siamo già entrati) prepotentemente nelle vostre.
Ci siamo aperti e ci apriamo a voi senza il filtro della scrivania, della vetrina, senza fasce orarie predeterminate. Avete visto i nostri quadri, le nostre tazzine da caffè, i nostri colori, quando è stato necessario, il nostro bagno. E qualche centinaia di libri.

Ma non è forse la stessa cosa che succede quando veniamo a fotografare i preparativi a casa vostra o delle vostre famiglie?
Dài, su, preparo il caffè e vi aspetto.
E nel frattempo, dal soggiorno di casa da cui sto scrivendo, avvolta da lucette che non è detto che spariranno il 7 gennaio e dal profumo che arriva dalla casetta di pan di zenzero che abbiamo tentato di decorare con nostra figlia, vi auguro, assieme a Massimo, il migliore dei Natali, che sia il primo da sposati, l’ultimo da fidanzati, che sia in famiglia, in montagna, in vacanza. Ovunque per voi possa significare calore. E riposo. (Vi prego, a noi augurate buon riposo!!!)
Buon Natale dunque da casa nostra, che è un po’ anche la vostra (il mutuo ce lo teniamo noi però, tranquilli).
Se vi va di far parte della famiglia:
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